Materiali di teologia politica dell'Europa e contributi al realismo politico

L'Europa si definisce dall'interno con le grandi correnti che non cessano di attraversarla e che la percorrono da lunghissimi tempi (Lucien Febvre)

Alcune annotazioni sul concetto di Weltbild
Interventi, 23 ottobre 2022

Le immagini del mondo hanno costituito un “catalizzatore” per gli interessi, dal momento che “il Weltbild ha molto spesso tracciato i binari lungo i quali l’azione è stata spinta dalla dinamica dell’interesse”. Secondo Weber le “immagini del mondo” hanno determinato i tracciati lungo i quali l’azione è stata poi spinta dalle dinamiche degli interessi, ma dietro di loro c’è sempre una presa di posizione, un’intenzionalità verso qualcosa, rispetto ad un mondo in sè privo di senso e verso il quale la potenza degli “interessi naturali”-materiali appare del tutto insufficiente: il mondo è “un luogo di sofferenza immeritata, ingiustizia impunita e d’insanabile stupidità“1.Dunque l’origine di un’immagine del mondo va ricercata nella necessità pratica di prendere posizione nei confronti del mondo, di definire un atteggiamento fondamentale in quanto elemento indispensabile per ogni tentativo per rispondere alla domanda ¨come agire?¨ Un’immagine del mondo tende alla costituzione dell’orizzonte di una condotta pratica, pur nella consapevolezza che tale forma di rappresentazione complessiva non può mai essere pienamente sperimentata o concettualizzata; rappresenta un pratico “punto fermo nei confronti del mondo”2. Il Weltbild è orientato a quell’orizzonte di significato dentro cui e attraverso cui ci si comprende, si interpretano i propri bisogni, si definiscono le proprie aspettative e si orientano le proprie strategie pratiche. Il Weltbild quale Inbegriff der Wirklichkeit (quintessenza della realtà) possiede una forza pratica e permette di “comprendere la specificità (Eigenart) della realtà in cui viviamo”, dominata “dalla più grande forza della nostra vita moderna”: il capitalismo caratterizzato dalla “completa calcolabilità razionale”, quindi da un ordine giuridico e da un’amministrazione burocratica del tutto impersonali, per cui il mondo viene interpretato, secondo regole e procedure formalizzate, come un meccanismo causale, razionalmente calcolabile e governabile3. Se la “razionalità capitalistica” è radicata nella calcolabilità, il formalismo è propri della razionalità giuridica4.

Ora ogni Weltbild possiede una proria struttura interna, una struttura organizzata gerarchicamente con differenti forme di azione sociale, in cui è possibile distinguere un “nucleo” interiore e una serie di ambiti più periferici, ossia vere e proprie “sfere di valori” con proprie logiche/norme immanenti5. Se lo stesso processo di razionalizzazione porta sempre più in evidenza l’autonomia e l’incommensurabilità delle “sfere di valore”6, il nucleo di un Wiltbild è sempre costituito da una “presa di posizione” [Stellungnahme], una posizione assunta nei confronti del problema o della domanda che è percepita come la questione fondamentale per l’agire.7 Ma prendere posizione significa immaginare un “ordine del mondo” e decidere cosa fare – o non fare – risprtto a tale ordine. Si può anche dire che un’immagine del mondo può essere considerata come una “raccolta sistematizzata di decisioni sui presupposti ultimi”, cioè di decisioni riguardanti le questioni che vengono percepite da uno specifico gruppo sociale come le questioni chiave per la propria esperienza del mondo. Di conseguenza tali decisioni selezionano delle idee specifiche e queste idee vengono poi “strutturate” in un’immagine del mondo, in una rappresentazione complessiva dell’esistente.

Weber sostiene con fermezza che un’immagine del mondo inquadra con una sua struttura concreta un orizzonte complessivo e, pur avendo un intreccio con la materialità, tuttavia possiede un proprio carattere autonomo. Il Weltbild non può essere considerato semplicemente un mero ¨riflesso¨ dei processi materiali. Infatti l’immagine del mondo ha contribuito a ¨canalizzare¨ interessi concreti, ad ¨attivare¨ alcune passioni invece di altre, a ¨legittimare¨ uno specifico comportamento nei confronti del mondo, escludendo altri comportamenti dall'”orizzonte del possibile”. D’altra parte include anche una ricostruzione delle influenze delle condizioni materiali di uno specifico contesto storico-sociale esercitate sullo sviluppo della fisionomia della stessa immagine del mondo.

In sintesi, se le immagini religiose del mondo hanno identificato solo un tipo di Weltbild e si sono distinte per la loro capacità di cogliere il “senso” del mondo, infatti l’elemento costitutivo dell’immagine religiosa del mondo risiede nella sua esigenza di offrire una rappresentazione complessiva del mondo come “cosmo” dotato di un significato oggettivo, tuttavia, secondo Weber, possono sussistere anche altre rappresentazioni complessive del mondo valide in sé e in grado di offrire un orientamento alla condotta pratica. Le immagini del mondo rientrano infatti nella dimensione dell’indimostrabilità, non funzionando secondo i criteri vero-falso.

In Weber il concetto di immagine del mondo sembra funzionare come una ¨neutralizzazione¨ dell’antropologia. Il suo intento pare infatti quello di mostrare che non esiste una configurazione rilevante dal punto di vista antropologico quando si vuole comprendere il posizionamento dell’uomo nel mondo. Per lui il rapporto tra uomo e mondo nella sua straordinaria diversità (dall’adattamento all’estraneità [Weltfremdheit], dalla sazietà al rifiuto), è comunque sempre un rapporto mediato dalle immagini e i contenuti di tali orizzonti non sono determinati da fattori antropologici, bensì da elementi storico-sociali. Weber cerca di mostrare che ciò che l’antropologia ha chiamato “costanti antropologiche” sono, nella maggior parte dei casi, solo “orizzonti vuoti”, i cui contenuti sono determinati da elementi contingenti, che potrebbero essere caratterizzati sia da processi ideali che materiali. Insomma, centrale rimane il concetto di senso, in quanto l’attribuzione di significato è la caratteristica essenziale dell’agire umano dinanzi al “potente ordinamento economico moderno” basato sulla Zweckrationalität del mercato determinante per “lo stile di vita di ogni individuo che nasce in questo ingranaggio, e non soltanto di chi prende parte all’attività puramente economica”8.

Inoltre un approccio incentrato sull’idea di Weltbild, come quello di Weber, contiene una polemica sia verso l'”economicismo” che l'”iperculturalismo”. Se l’economia sembrava offrire l’unico sguardo realistico alla datità sociale e alle sue tendenze, in realtà l’economicismo aveva dimenticato che l’economia e gli interessi materiali erano dipendenti anche da elementi non-economici; infatti il Weltbild voleva cogliere le motivazioni per una forma di comportamento nei confronti del mondo. D’altra parte, sottolineando le influenze reciproche tra le immagini del mondo e i processi materiali caratteristici di una determinata epoca e società, l’idea weberiana di Weltbild aiuta a trovare un ¨antidoto¨ contro ciò che potrebbe essere chiamato la ¨distorsione culturale¨ che attraversava gli studi sociali, in quanto i prodotti “culturali” potevano essere l’unico elemento chiave per comprendere il mondo e i diversi stili di comportamento, ma, come nel passato, la materialità esercitava una prorpria influenza nel plasmare gli interessi individuali e di gruppo, giocando anch’essa un ruolo nel loro modo di inquadrare il mondo. “Quanto più l’intellettualismo respinge la credenza nella magia e quindi i processi del mondo…si limitano ad <essere> e ad <apparire> in luogo di <significare>- tanto più impellente si fa l’esigenza che il mondo e la <condotta della vita>, in quanto costituiscono un tutto, siano ordinate in modo significativo e <fornito di senso>”9.

In Weltbilder und Weltmodelle10 Hans Blumenberg traccia una storia dei Weltbilder, partendo dalla trasformazione delle immagini del mondo avvenuta con l’avvento dell’età moderna. Il punto di partenza di questa analisi è Descartes. Per Blumenberg attraverso tale metodo scientifico si è avuta per la prima volta una separazione tra l’immagine e il modello del mondo. Per Weltmodel Blumenberg intende “la rappresentazione totale della realtà empirica, che dipende dallo stato dell’arte raggiunto in quel momento dalle scienze naturali, e tiene conto di tutte le sue affermazioni” (p.69). In altre parole, un modello del mondo offre un resoconto oggettivo della realtà, ovvero un quadro verificabile secondo gli standard scientifici di una determinata epoca. Contrariamente a un Weltbild, un modello del mondo non appare uno strumento utile per trovare risposte alla domanda sul nostro posizionamento nei confronti del mondo. Il fatto che la terra sia al centro dell’universo o che, al contrario, sia solo uno dei tanti pianeti e stelle in orbita attorno al sole non dice nulla di per sé sulla nostra autocomprensione o sulla nostra interpretazione della totalità dell’esistente. Una totalità dunque che non può essere pienamente raccontata, vissuta o concettualizzata, ma solo “rappresentata”.

In Descartes Blumenberg infatti rileva ancora una “felice divisione del lavoro” tra Weltbild e Weltmedell, o tra la filosofia, considerata la vera sorgente dei Weltbilder, e le scienze naturali che elaborano modelli di mondo. Tuttavia l’idea di scienza di Descartes dipendeva ancora da una precisa immagine del mondo: ai suoi occhi l’uomo, pur non trovandosi più al cantro dell’universo, fungeva ancora da “postulato come riferimento per il senso della conoscenza della natura <als Sinnbezung der Naturerkenntnis>” (p. 69). Di conseguenza, questo tipo di scienza era ancora ancorato ad un Weltbild “antropocentrico”, concepito come uno strumento di autorealizzazione dell’uomo nel mondo. Da allora tuttavia la scienza ha cominciato a diventare progressivamente autonoma, producendo da sola “le sue necessità e la regolarità del suo progresso” (p. 70). La scienza moderna non ha avuto più bisogno di un Sinngebung, un’attribuzione di significato da un’immagine del mondo. La correlazione tra immagine e modello del mondo è giunta al termine, o meglio “il Weltmodell ha di fatto preso il posto del Weltbilded e ha consumato la sostanza residua del patrimonio dell’immagine del mondo. Per noi avere qualcosa come una fede nella scienza dipende dal fatto che la scienza non è più condizionata dalla fede in un’immagine del mondo” (p.71). Di conseguenza Blumenberg parla di un “indebolimento delle immagini del mondo” come elemento caratteristico della modernità e questo indebolimento riguarda principalmente la funzione di Entlastung svolta dai Weltbilder.

I Weltbilder sono i correlati specifici di quella “apertura al mondo” (Weltoffenheit) che già Arnold Gehlen aveva individuato come la principale caratteristica dell’essere umano, insieme alla sua capacità di adattamento all’ambiente esterno e di trasformazione dell’Umwelt nel proprio Welt, quale primo prodotto simbolico e comunicativo culturale. Allargandosi questa apertura al mondo ha accresciuto anche il grado della libertà di decidere quale condotta adottare nei confronti della realtà esterna, ma questo, a sua volta, ha aumentato l’insicurezza dell’uomo, esasperando la sua percezione della contingenza e della vulnerabilità della vita. I Weltbilder svolgono quindi fondamentalmente una funzione di Entlastung, definendo il mondo in forma rappresentativa. Ciò consente di “dimenticare” le domande di fondo che si incontrano nell’affrontare la realtà, di esonerare gli uomini dalle responsabilità riformulando una risposta esauriente e lasciandoli liberi di concentrarsi solo sui loro problemi quotidiani. Dunque per Blumenberg un Weltbild è essenzialmente un rimedio contro l’”apertura al mondo”, un espediente che permette all’uomo di “non confrontarsi continuamente con la propria posizione nella natura, eccentrica e minacciata in senso proprio” (p.72). Quindi, gli orizzonti creati dai Weltbilder funzionano “come schermi e protezioni dell’interiorità” (p.72). Tuttavia un’immagine del mondo può svolgere tale funzione solo se permette di prendere possesso del mondo ”in modo indiscutibile e naturale” (p.73), ossia un’immagine del mondo funziona unicamente se rimane “opaca”, solo se chi abbraccia un’immagine del mondo non si rende conto del fatto che è solo una rappresentazione del mondo, senza mettere in discussione se questa rappresentazione sta effettivamente dicendo la verità sul mondo. Come per ogni credenza, anche un’immagine del mondo richiede una piena fede nella sua capacità di rendere uno “stato di cose” che, in realtà, non è affatto uno “stato di cose”, poiché non può essere giudicato in termini di verità.

Blumenberg sembra quindi suggerire che sia questa “opacità” dei Weltbilder che è andata perduta nella Neuzeit. Se la scienza, con la sua autonomizzazione da un Sinngebung, ne è stata la prima causa, anche la filosofia ha progressivamente rinunciato a generare Weltbilder. A partire dall’età moderna, i filosofi hanno cominciato a cercare Weltbilder nei modelli scientifici del mondo offerti dalle scienze naturali, come nel caso della teoria copernicana: “per la prima volta i filosofi supponevano di poter trovare immagini metafisiche guida (Leitbilder) in un modello scientifico che non aveva nulla da dire sul posto dell’uomo nel mondo, ma veniva interpretato come un’immagine del mondo, o – che è lo stesso – una metafora assoluta” (p.71). Infine, le immagini avrebbero perso definitivamente la presa sulla realtà con l’avvento di un nuovo approccio cognitivo alla storia, che sarebbe diventato caratteristico delle cosiddette scienze umane [Geisteswissenschaften]. Le scienze umane, infatti, si sono dimostrate ricettive all’esistenza di una pluralità di immagini del mondo. C’è sempre stata una pluralità di Weltbilder, ma questo non si è dimostrato problematico finchè non è stato assunto un approccio “ovvio” e opaco nei confronti delle immagini. “Tutto è cambiato quando è subentrata la consapevolezza che <oltre le montagne> le persone vivevano secondo un’immagine diversa del mondo, allora si è iniziato a <storicizzare> ogni immagine del mondo.” Se ogni Weltbild può essere linguisticamente ed ermeneuticamente perfettamente trasmesso, se ognuno ha accesso a ogni immagine del mondo grazie alla sua comprensione storica, allora diventa sempre più difficile credere alla “finzione” del proprio Weltbild. In altre parole, le scienze umane possono offrire solo un “mondo anonimo, inteso come mero orizzonte formale per ogni traducibilità” (p.73), privando così i Weltbilder della loro “validità fondamentale” (p. 72). Così le immagini nella modernità non solo hanno smesso di fornire al mondo un significato oggettivo, ma hanno progressivamente perso la capacità di restituire un orizzonte per rispondere alla domanda sul posto dell’uomo nel mondo. Alla fine di questo saggio Blumenberg parla apertamente di una “perdita delle immagini del mondo”, suggerendo che la filosofia non può aiutare a ricreare una relazione con il mondo mediata da un nuovo Weltbil, anzi dovrebbe impedire il risorgere del “bisogno umano di collocamento nel mondo”.

Un’ultima considerazione. Dal punto di vista politico, uno degli aspetti più rilevanti delle immagini del mondo è la loro capacità di delimitare l’orizzonte del possibile. Infatti un’immagine del mondo si afferma all’interno di un determinato contesto storico-sociale e plasma la capacità di concepire nuove rappresentazioni della realtà, di “ciò che non è ancora, ma potrebbe comunque essere”. In breve, una volta adottati, i Weltbilder definiscono i contorni dell’orizzonte del significante che rende plausibile e plasma una determinata condotta e un posizionamento concreto verso il mondo. Il concetto di Weltbild diventa essenziale per comprendere lo spazio della politica e della sua capacità d’azione concreta. Così nel rappresentare il rapporto con il mondo, senza ridursi a livello del puro benessere o all’esercizio privato della libertà, il Weltbild include un elemento critico/trascendente, un riferimento teleologico che può offrire un criterio di valutazione del presente e un orientamento per l’agire. Senza questo tipo di immagine del mondo, l’ambito materiale o simbolico da soli non innescano conflitti, né progetti collettivi di trasformazione della realtà. Non a caso, secondo Weber, i problemi centrali della vita associata comportano inevitabilmente conflitti di istanze non risolvibili in maniera “oggettivamente razionale”. A fondamento dei “limiti della razionalità” c’è una “metafisica della lotta”, secondo la dfinizione di Aron, ossia la convinzione che la lotta sia endemica alla modernità e alla storia, infatti “ogni relazione umana, anche la più intima…può comportare una lotta con la controparte”11. Infatti se “i più alti ideali si formano soltanto in lotta con altri ideali”, le più alte personalità soltanto “nella lotta contro le difficoltà che la vita presenta”12. Al centro della concezione weberiana non c’è un nuovo tipo di società, bensì un un’altra idea di uomo che, senza nostalgia per il passato e senza “speranza in un futuro che redima”, sia in possesso di uno “sguardo addestrato a scrutsare senza pregiudizi nella realtà della vita”13.

Esiste dunque una stretta relazione tra passioni, fedi e immagini del mondo che possono essere attivate da una rappresentazione specifica del mondo. Nell’immagine del mondo è sempre racchiusa una “causa prima”, responsabile del comportamento e di come si presentano i fenomeni, ma in un mondo in cui non c’è un nemico l’inerzia e l’apatia diventano l’unico comportamento significativo. In breve, le immagini del mondo modellano le aspettative future “legittime”, promuovendo uno specifico comportamento e un concreto orientamento, definendo l’entità e il tipo di costi e di responsabilità sostenibili ed escludendo altri comportamenti dall’orizzonte del possibile. Le immagini del mondo, quindi, non sono solo il prodotto della capacità di creare immagini e rappresentazioni, ma, a loro volta, modellano tale capacità “immaginativa” nell’ambito di una comunità; determinano la capacità collettiva di pensare ad altro con riguardo allo stato delle cose esistente, selezionando le possibili forme di un’azione conseguente. L’innovazione politica non è mai indefinitamente aperta, ma è sempre volta a un numero limitato di alternative, coerenti con il Weltbild di riferimento in un certo contesto storico e sociale. Una trasformazione complessiva dell’orizzonte del possibile può nascere solo da una trasformazione complessiva del Weltbild di riferimento, da una nuova decisione sui presupposti ultimi con cui si risponde alla domanda del nostro posizionamento nel mondo.

Un esempio per tutti: il comunismo come immagine del mondo è finito in un cono d’ombra. Questa rappresentazione complessiva del mondo ha cessato di offrire quelle ragioni che per quasi un secolo hanno potuto suscitare molte passioni, privando della sua plausibilità una specifica condotta nei confronti del mondo come quella rivoluzionaria. Infattil’idea stessa di “rivoluzione” è del tutto svanita dalla concezione occidentale di politica. Si è allora sperimentato un cambiamento dalla politica ancora concepita come dimensione inerentemente connessa con le “questioni esistenziali ultime” alla politica rappresentata ora come mera amministrazione, come governance. Il concetto di Weltbild appare dunque fondamentale quando si vuole passare da un terreno normativo “puro” ad una prospettiva che non si concentra su ciò che dobbiamo fare, ma su cosa ha la possibilità di essere concepito/immaginato, su ciò che è plausibile aspettarsi in base alla rappresentazione di come è realistico agire. La plausibilità di un comportamento tuttavia viene decisa proprio sulla base della possibilità di inserire tale comportamento all’interno di un concreto orizzonte. Si tratta, appunto, di un’immagine del mondo strutturata che può essere ritenuta dominante in un determinato contesto.

1 M. Weber, Politica come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, Torino 1973, p. 112

2 M. Weber, Sociologia della religione I, Milano 1982, p. 240

3 Ad esempio quello che per Weber è stato lo “spirito del capitalismo” con la sua “ascesi professionale”, un intreccio di riorientamento interiore e razionalizzazione del comportamento. Tuttavia oltre ad aver costituito un elemento decisivo “dall’interno” per lo sviluppo capitalistico, la formazione ascetica della personalità ha determinate la base del Berufsmenschentum trasmesso all’attività politica, giuridica e amministrativa. Dunque “senza riguardo alla persona…senza ira e quindi senza amore, senza arbitrio e quindi senza grazia, come semplice dovere professionale e non in forza di particolari relazioni che l’homo politicus non diversamente dall’homo oeconomicus, adempie oggi alle sue funzioni.” M. Weber, Economia e società I, Milano 1961, p. 587

4 “Infatti lo specifico formalismo giuridico, facendo funzionare l’apparato giuridico come una macchina tecnicamente razionale, garantisce ai singoli interessati il massimo relativo di libertà di movimento e sopratutto di calcolabilità delle conseguenze giuridiche delle loro azioni. Esso infatti tratta iI processo come una particolare di pacifica lotta di interessi, vincolata a <regole del gioco> fisse e inviolabili.” M. Weber, Economia e società II, cit., p. 132. Mentre “la formalisica impersonalità dell’ethos burocratico” corrisponde allo strumentalismo degli scambi di mercato e dei contratti e “l’esecuzione di pratiche ufficiali” corrisponde all’uguaglianza formale dinanzi all’ordinamento giuridico. Idem II, p. 289. Così la modernità è caratterizzata dal Versachlichung der Gewaltherrschaft (oggettivazion/spersonalizzazione) della struttura del potere, ossia da una “razionalità formale” (Zweckrationalität) che tuttavia presuppone “la lotta dell’uomo con l’uomo”, seppur come Marktkampf. Occorre tener presente che per Weber se il concetto di “razionalità formale” è neutro rispetto alla “razionalità material” (Wertrationalität), tuttavia tale tensione non è solo un’astratta tensione assiologica bensì rappresenta un conflitto tra interessi e gruppi

5 Le “sfere di valore” posseggono una propria esistenza, fondata su particolari forme di vita che possono evolversi nel tempo con l’emergere di altre forme di vita associata. Ogni “sfera di valore” ha un particolare ambito di attività secondo norme e logiche specifiche. Se gli “orientamenti di valore” sono soggettivi e in conflitto fra loro secondo la loro intenzionalità di senso, la conflittualità delle “sfere di valore” può essere risolta, gerarchizzandole, dalla scelta secondo “il punto di vista ultimo”

6 Va precisato che per Weber “razionalizzazione” non indica un unico processo, bensì distinti processi con propri interessi, pur interconnessi, derivanti da differenti genesi storiche e con ritmi di sviluppo diseguali. La “razionalizzazione interiore della personalità, promossa dall’ascetismo puritano”, ha dato un impulso decisivo alla razionalizzazione esterna della vita economica (“gli scambi di mercato sono i più impersonali di tutti i rapport sociali”) come di quella politica. “Personalità” qui significa “costante e interiore relazione ai <significati ultimi> della vita cui viene data forma di propositi e quindi tradotti in agire teleologico-razionale.” La dedizione ad una “causa” costituisce il nucleo di una “personalità” e lo scontro tra orientamenti di valore, riguardando un conflitto sulle “fondamentali questioni della vita sociale” può minacciare la coesione dello stesso ordine sociale. “Proprio gli elementi ultimi della persoanalità, i supremi ed ultimi giudizi di valore che determinano il nostro agire e che danno senso e significato alla nostra vita, sono da noi avvertiti come qualcosa di <oggettivamente> valido” M. Weber, Il metodo delle scienze storico sociali, Torino 1974, pp. 61-62

7 “Il motivo guida dietro la questione scientifica della razionalità della cultura europea è la questione esistenziale: che cosa significano per la nostra umanità il capitalismo razionale, la scienza razionale e la burocrazia razionale?” G. Abramowski, Das Geschictsbild Max Webers, Stuttgart 1966, p. 14

8 M. Weber, L’etica protestante e lo spirit del capitalismo, Firenze 1965, p. 305. Per il tipo di antropologia di Weber il rimando è a D. Henrich, Die Einheit der Wissenschaftslehre Max Webers, Tübingen 1952, pp. 108 ssg.

9 M. Weber, Economia e società I, cit., p. 505

10 H. Blumenberg, Weltbilder und Weltmodelle, in Nachrichten der Giessener Hochschulgesellschaft, 30, pp. 67-75

11 M. Weber, Economia e società I, cit., p.620; R. Aron, Max Weber and the Theory of Modern Politics, in O. Stammer, ed., Max Weber and Sociology Today, New York 1971, p. 93

12 M. Weber, Il metodo delle scienze storico sociali, cit., pp. 55, 62
13 M. Weber, Politica come professione, cit., p. 118

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