Materiali di teologia politica dell'Europa e contributi al realismo politico

L'Europa si definisce dall'interno con le grandi correnti che non cessano di attraversarla e che la percorrono da lunghissimi tempi (Lucien Febvre)

Appunti su PROTESTA, di Niklas Luhmann
Interventi, 13 gennaio 2019

N. Luhmann, Protesta. Teoria dei sistemi e movimenti sociali, Mimesis, Milano-Udine, 2017, (Protest. Systemtheorie und soziale Bewegungen, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1996)

      “Nel mondo antico il tentativo di tracciare un confine e, stando sul versante opposto, osservare dio e le sue creature s’identifica col caso dell’angelo Satana. Vedendo l’oggetto dell’osservazione e altro, l’osservatore deve considerarsi migliore e con ciò dare una mano a dio. Nel mondo di oggi questa è una questione della quale si occupano i movimenti di protesta. Essi però non cadono, viceversa salgono.”1 Con questo sorprendente pezzo di angelologia politica si apre l’ultimo capitolo del libro di Luhmann che qui si vuol prendere in considerazione, tratto da quel Die Gesellschaft der Gesellschaft, l’ultimo grande testo sistematico del sociologo tedesco che l’industria editoriale italiana si ostina a non voler tradurre. Se si mette in connessione questo paragone tra la posizione di Satana rispetto al creato e i movimenti di protesta da un lato e dall’altro la definizione di dio come “antitesi” della società che è rinvenibile in Sistemi sociali2, allora si potrebbe quasi sostenere che i movimenti di protesta si collocano, rispetto alla totalità della società, come Satana rispetto alla totalità di dio e del creato, ma anche come dio rispetto alla società e che, in tale posizione, esercitano sulla società globale lo stesso giudizio universale che dio potrebbe esercitare nei confronti del mondo nel giorno dell’eschaton (e che Satana aveva già osato esprimere in sede protologica). Più che pertinente risulta quindi il tema della presunzione3.
  Ma torniamo con i piedi per terra. Come è noto Luhmann non è mai stato tenero con i movimenti e questa raccolta di testi di vario genere, che coprono il decennio che va dal 1985 al 1995, ne è una eloquente testimonianza. Spesso la sua ironia sferzante colpisce in modo impietoso, per esempio evidenziando il carattere di “lamentazione” della critica dei movimenti nei confronti della società4 o svelando che “il segreto delle alternative è che esse non hanno alcuna alternativa da offrire”5, quando presumono di poter sviluppare una critica radicale alla differenziazione funzionale della società. Così sul movimento ecologista Luhmann può scrivere che “i Verdi hanno perciò pienamente ragione, ma non li si può ascoltare. Entro la comunicazione dei sistemi funzionali non è possibile recepire i loro scopi, se non nel modo consueto del rumore disturbante.”6 Ma è al movimento femminista che riserva i colpi più duri, per esempio quando mette in evidenza che gli stessi successi del femminismo in merito al tema della diseguaglianza uomo/donna finiscono per togliergli il terreno sotto i piedi, osservando quindi che “chi utilizza il bisogno di irrequietezza di una società del benessere, farà presto esperienza del fatto che la società preferisce altri temi più nuovi e che <non ne può più delle lamentazioni> delle donne.”7 Infine, Luhmann ha sottolineato la capacità dei singoli sistemi funzionali di riassorbire progressivamente le stesse istanze “portate avanti” dai movimenti per migliorare la propria efficienza. Da questo punto di vista, la frecciata finale tocca ancora al movimento femminista, le cui lotte sull’uguaglianza di trattamento economico secondo Luhmann si sono risolte in un rafforzamento di meccanismi di “meritocrazia repressiva” nelle dinamiche interne ai sistemi, perché, con il superamento delle disparità più evidenti, “a questo punto se un uomo o una donna non arrivano da nessuna parte, la colpa è solo loro.”8
      Tuttavia, al di là dell’acredine quasi istintiva di Luhmann nei confronti di fenomeni sociali a suo parere contrassegnati da un tasso di utopismo eccessivo, i testi di questa raccolta sono percorsi dalla consapevolezza per cui, nonostante tutti i loro limiti, i movimenti sociali svolgono una funzione essenziale e quasi imprescindibile rispetto alla società, perché in qualche modo surrogano il deficit più grave che Luhmann non ha difficoltà a riscontrare nella società funzionalmente differenziata e di conseguenza anche in quella stessa teoria costruttivistica che egli sostiene. Tale deficit consiste nell’impossibilità di pervenire ad una auto-descrizione della società in quanto unità di sistemi funzionalmente differenziati: “Entro il sistema non c’è nessuna rappresentazione dell’unità del sistema, nessuna repraesentatio identitatis, per usare un termine antico. Nessuno dei singoli sistemi può affermare di rappresentare la società nel suo complesso attraverso una singola funzione.”9. Questo deficit di auto-descrizione finisce per generare un deficit di legittimazione che viene alla luce anche in Sistemi sociali a proposito della questione della necessità del “sì alla società”10. Infatti, se la differenziazione funzionale si spinge al punto da generare l’impossibilità di una auto-descrizione dell’unità della società, come è possibile dire “sì” a qualcosa di cui non si conosce l’identità?
Particolarmente rilevanti sembrano essere le ripercussioni di questa situazione su quel sistema che fino a non molti decenni fa doveva garantire appunto l’unità della rappresentazione della società, ossia sul sistema politico. A questo riguardo, nella visione di Luhmann una delle questioni più rilevanti deriva dalla connessione tra l’impatto che l’innovazione tecnologica genera sull’ambiente ecologico del sistema e la gestione politica del problema. Luhmann sottolinea come il “rischio” ambientale, attraverso l’azione dei movimenti, subisce una rapida politicizzazione e quindi si trasforma in termini di “rischio politico” di breve periodo, aprendo il problema della relazione con il sistema-scienza, dal momento che la trattazione dell’impatto ambientale della tecnica implica competenze scientifiche inarrivabili dall’interno del sistema politico.11 La conclusione di Luhmann risulta piuttosto impegnativa e dubitativa per quanto riguarda l’adeguatezza funzionale di un sistema politico democratico rispetto alle questioni derivanti dall’impatto socio-ambientale della tecnica: “Il problema maggiore, però, potrebbe essere quello di continuare a mantenere e innovare in queste condizioni le forme politiche della democrazia e dello stato costituzionale.”12
    Il caso dei “Verdi”, dunque, ha storicamente costituito un esempio eclatante di come i movimenti abbiano saputo sensibilizzare la società nel suo complesso sui “rischi” impliciti nel rapporto tecnica/società all’interno di sistemi sociali ad alta differenziazione funzionale. Più in generale, secondo Luhmann i movimenti sociali risultano “fruttuosi” perché “essi contribuiscono a rendere riconoscibile quanto la società moderna sia una società che scommette sul rischio”, in un contesto complessivo in cui “per il momento non c’è a disposizione né una logica adeguata, né un’ontologia, né un’etica, con la quale risulti possibile comprendere e regolare ciò che accade.”13
In questo senso, ossia nella funzione di segnalatori del rischio non calcolato e non regolato, i movimenti sociali sembrano esercitare la medesima funzione dei sistemi immunitari nel corpo umano14, costringendo i sistemi sociali differenziati a immergersi in “test di realtà”, soprattutto nel rapporto con il loro ambiente (non solo ecologico), che vanno al di là della logica autoreferenziale che contraddistingue funzionalmente i sistemi15.
    Sembra essere la stessa posizione paradossale dei movimenti a determinare alla fine la loro positiva funzione sociale, nonostante la loro volontà di contrapposizione. E qui torna il paragone iniziale con il Satana dell’immediata post-creazione, quello stare sul confine tra interno ed esterno, quel collocarsi “fuori” e “contro”, ma nello stesso tempo “per” la società. Ciò dipende dal fatto che la “protesta”, per quanto antagonistica, è pur sempre una forma di comunicazione che, per quanto consista in una contrapposizione e in una negazione, si esercita pur sempre dentro la società.16 Anzi, proprio nella comunicazione della negazione e della contraddizione sembra consistere, in ultima analisi, la specifica funzione sociale dei movimenti di protesta.
“Se volessimo attribuire una funzione ai movimenti di protesta, potremmo dire che si tratta di fare la trasposizione della negazione della società nella società. Si tratta, perciò, di un preciso correlato dell’autonomia e della chiusura operativa del sistema sociale, si tratta di ciò che è stato indicato come <utopia>, continuando a utilizzare una formula che si esprime per paradossi. A quanto pare la società moderna ha trovato una forma di autopoiesis per osservare se stessa: in se stessa contro se stessa. Resistenza a qualcosa – questo è il suo modo di costruire la realtà.”17
  E tuttavia, nonostante questo circolo apparentemente virtuoso, tra il “no” e il “sì” alla società, per cui si è contro la società per la società, la conclusione di Luhmann, in riferimento al problema fondamentale già segnalato, ossia quello di una auto-descrizione dell’unità/identità della società che fornisca una costituzione di senso all’insieme sociale, sembra essere piuttosto pessimistica, come appare chiaro dalle ultime righe del libro:
    “I sistemi funzionali e le loro organizzazioni cominciano irritati (ma come potrebbe essere altrimenti?) ad adattarvisi [alle istanze e alle rivendicazioni dei movimenti]. Cercano <accordi> per conferire ai conflitti una forma temporaneamente stabile. Ciò che in questo modo sembra non riuscire è, tuttavia, la realizzazione di un testo adeguato, cioè un’auto-descrizione adeguata della società moderna.”18
Forse ciò può dipendere dal fatto che il Satana movimentista in realtà soffre di un deficit di trascendenza, di un tasso di eccessiva immanentizzazione nel sistema, per cui la comunicazione della contraddizione prende le mosse da un punto di osservazione che non è in grado di trascendere il sistema e dunque di definirne l’identità. Quindi, forse non è casuale se, discutendo delle ricodificazioni richieste ai singoli sistemi dal pieno dispiegamento della differenziazione funzionale, Luhmann introduca la parola-chiave “trascendenza” in riferimento ad una ricodificazione post-redentiva del sistema religione: “Nel sistema della religione oggi la questione non è più quella di un codice morale di salvezza e perdizione (…), ma viceversa quella di un codice di immanenza e trascendenza.”19 Forse proprio questa nozione di trascendenza può rappresentare l’”alternativa” all’utopia.
        NOTE
            1. 1. Protesta. Teoria dei sistemi e movimenti sociali, Mimesis Edizioni, Milano 2017, p. 189.
          2. “La dimensione sociale rimanda ad un’esperienza vissuta in comune che potrebbe manifestarsi in termini comunicativi, e i due aspetti messi insieme comportano precisamente l’autoriproduzione ricorsiva della società. Ciò vale anche e specialmente quando all’interno della società viene formulata la sua antitesi. Un Dio presente ovunque e raggiungibile tramite la comunicazione, pur non facendo parte della società, questa eccezione unica è una copia esatta della totalità ricorsiva del sistema sociale stesso, una duplicazione che consente di recepire il mondo in termini religiosi. In tal modo, la società contraddice se stessa, ricavando da ciò la sicurezza sul fatto che l’autoriferimento non è privo di senso e che al principio non sta l’identità, ma la differenza.” Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale, Il Mulino, Bologna 1990, pp. 631-632.
          • 3. “(…) viene copiata la tecnica di osservazione del diavolo, quella di tracciare un confine entro un’unità contro questa stessa unità; e ne emergono le conseguenze: il fatto di considerarsi migliori in modo irriflesso.” (Protesta, p. 189. Non a caso, in nota a pié di pagina Luhmann fa riferimento alle “considerazioni di Hegel circa la <legge del cuore e il delirio della presunzione> nella Fenomenologia dello spirito”.)
          4. Il contesto è quello della distinzione tra “comunicazione organizzata attraverso il sistema funzionale” e “comunicazione dell’insoddisfazione” (ivi, p. 58): “La società crea, da un lato, una comunicazione efficiente e, dall’altro, l’insoddisfazione proprio rispetto a questa comunicazione. La sua descrizione di sé contiene il momento della lamentazione – proprio perché è possibile tanto e così poco.” (Ivi, p. 59)
            5. Ivi, p. 74.
          6. Ibidem.
            7. Ivi, p. 140.
          8. Ivi, p. 124.
            9. Ivi, p. 51.
          10. “(…) la società moderna, a confronto di tutte quelle precedenti, ha destabilizzato le strutture e aumentato considerevolmente il potere di negazione. (…) ci si dovrà chiedere come potrà essere riacquistato, a partire da questa situazione, il <sì> alla società. Anch’esso è, infatti, necessario.” (Sistemi sociali p. 614)
            11. Protesta, p. 162.
          12. “Per la politica ne consegue una regola di limitazione piuttosto negativa: essa deve evitare di prendere decisioni su questioni sulle quali c’è il rischio che la scienza ne sappia di più. Oggi, una volta percepite e comunicate, le situazioni di rischio tendono sempre più alla politicizzazione. Ciò porta necessariamente a un sovraccarico strutturale della politica con problemi che essa non è in grado di risolvere in modo specificamente politico, ovvero attraverso decisioni collettivamente vincolanti.” Ivi, p. 163.
            13. Ivi, p. 75.
          14. Vedi ivi a pp. 182-183.
            15. “I movimenti sociali offrono la chance di un test di realtà per la società moderna, che entro il sistema funzionale può auto-descriversi solo in modo estremamente selettivo.” Ivi, p. 183.
          16. “L’unità del sistema di un movimento di protesta, deriva dalla sua forma, cioè proprio dalla protesta. La comunicazione di protesta avviene cioè nella società, altrimenti non sarebbe una comunicazione, ma avviene come se provenisse dall’esterno. Si esprime come responsabilità per la società, non contro di essa.” Ivi, p. 192. “(…) l’alternativa è una profferta fatta all’altra parte. La protesta vive del confine che essa stessa traccia come modo di osservazione. Ma l’alternativa può varcare il confine. In quanto alternativi si è, e non si è dall’altra parte. Si pensa in senso proprio nella società per la società contro la società.” Ivi, p. 199.
            17. Ivi, p. 201.
          18. Ivi, p. 202.
            19. Ivi, p. 52.
 

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