Materiali di teologia politica dell'Europa e contributi al realismo politico

L'Europa si definisce dall'interno con le grandi correnti che non cessano di attraversarla e che la percorrono da lunghissimi tempi (Lucien Febvre)

Hans Blumenberg: uno schema interpretativo
Ricerche, 12 novembre 2018

1. Blumenberg appare più orientato ad esprimere l’autocoscienza della crisi della Modernità, piuttosto che la sua genesi. Al centro della costituzione del Moderno c’è il solco irrimediabile tra storia e trascendenza. Il senso del Moderno è la risposta alla fine di ogni verità ontologica o trascendentale: non “una mondanizzazione dell’escatologia, ma una mondanizzazione tramite l’escatologia”1. La stessa idea di origine è esclusa da una coscienza finita. Neuzeit indica l’oltrepassamento di una filosofia della storia provvidenzialistica, di una visione “sostanzialistica”; non si tratta, come sostiene lo schema secolarizzante di Umsetzung (trasposizione) di contenuti teologici sul piano secolare, bensì di Umbesetzung (rioccupazione, un attacco contro il vecchio sistema teologico)2, di posizioni di risposte divenute vacanti, ma i cui problemi non sono eliminabili (diverse risposte a domande identiche). Un nuovo modo di pensare e di vivere, pur opponendosi al precedente, ma rimanendo vincolato a ciò che rifiuta, deve inserirsi negli schemi ereditati per modificarli. Nella storia non sussiste alcun elemento soteriologico, vi è solo il riconoscimento della radicale finitezza umana incapace di tollerare il peso dell’assoluto, del carattere non-garantito di un’esistenza, esposta alla “sovrapotenza dell’essere” di un unico mondo possibile, all’assolutismo della storia, riconoscibile solo quando viene superato. L’uomo di fronte ad un reale privo di senso appare problematico, angosciato, insicuro e non certo prometeico. Ciò che angoscia è la naturalità dell’essere, la sua mai completa intelligibilità, un orizzonte indefinito, aperto ad ogni possibilità, cui corrisponde un’intenzionalità vuota. L’insicurezza metafisica, il processo di immanentizzazione producono un’auto-autorizzazione, quale topos paradigmatico della percezione di un orizzpnte di possibilità da riempire di significati. Dunque in Blumenberg più che un’esaltazione di stampo razionalistico appare centrale la presa d’atto dei limiti della costituzione umana, della necessità di sottrarsi alla pressione della realtà data.

    2. L’ambito storico è connotato da un’estrema contingenza, per nulla lineare, nei cui confronti occorre una presa di distanza, quale vero e proprio Menschenprinzip, quale capacità di stare al mondo. L’elaborazione del reale si traduce in un’inventio, una rappresentazione di un’immagine del mondo necessariamente contingente. Se agire nell’orizzonte delle possibilità determina il reale, l’esito è un distanziamento temporale per autoconservarsi, ossia prevenire ciò che potrebbe accadere. E’ una tale consapevolezza della precarietà ambientale che permette l’uscita dalla condizione irriflessa della Lebenswelt3 e il conseguente processo di “liberazione” della curiositas, del bisogno di scomporre i “mondi vitali” e ricostituirli continuamente, così da istituire una “verità del reale”. Il “tempo del mondo” (l’esperienza) rimanda al “tempo della vita” (intenzionalità della coscienza di un’epoca)4.
3. Con la fine della fede nella creazione, l’eclissi di Dio e il conseguente Ordnungsschwund, è subentrata un’autocomprensione della propria condizione precaria da parte dell’uomo e la necessita di un “nuovo modello di realtà”, un contro-mondo. La Modernità, quale esito di una compensazione, ha mutato l’essere storico dell’uomo, prodotto le sue condizioni di possibilità e un’interpretazione dell’essere, in cui è venuta meno l’idea di unità, di relazione tra immagine umana di Dio e trascendenza divina. Con la “rivoluzione copernicana”, e ciò che ne è conseguito (Descartes come certezza della propria coscienza, Lutero come libertà della coscienza, etc.), si è avuta una rappresentazione del mondo radicalmente differente dall’assolutismo teologico medievale; liquidato ogni teorema della secolarizzazione (la cui caratteristica non è un trasferimento di sostanza, ma di funzione), un “assoluto immanente” ha ridefinito la posizione dell’uomo nell’ambito del mondo e la sua assunzione di una piena responsabilità.
    4. Quando non si ha più fiducia in un’Heilsgeschichte, la consapevolezza del proprio agire diviene centrale. Tale autoaffermazione non indica un inizio assoluto, ma una risposta ad una perdita d’ordine. Alla tendenza al nulla si risponde con il contro-effetto di un auto-ordinamento (Selbstbegründung) per la cura della propria esistenza. Un tale criterio pragmatico di autocostituzione, oltre a permettere di sottrarsi all’assolutismo della storia e rendere possibile una convenzionalità sociale, costituisce la premessa per una concettualizzazione funzionale ad un processo di formalizzazione/tecnicizzazione (razionalizzazione degli ambiti sociali) in grado di regolare la Lebenswelt rendendosi “naturale”5. Questa rottura tra coscienza e fatto non rappresenta una perdita di senso, bensì una rinuncia al senso e nessuna necessità fondativa (sembra una riscrittura scettica a contrario della Krisis di Husserl, con l’antropologizzazione della soggettività trascendentale).
5. Il rapporto con il reale diviene indiretto, selettivo, metaforico o mitico. Una metamorfosi del linguaggio esprime la necessità di adeguamento alle nuove costellazioni del reale e al tentativo di controllare le condizioni della propria esistenza. Nominando l’accidentalità, la significatività diviene un’esigenza vitale per occultare l’angoscia, neutralizzare l’assoluto con il suo profluvio di stimoli e dischiudere uno spazio in cui vivere. Il mondo non è migliorabile escatologicamente, ma va mantenuto nella sfera della relatività. L’autoaffermazione (Selbstbehauptung) oltrepassa l’autoconservazione (Selbstwahrung), in quanto progetta l’esistenza; pone una propria configurazione storico-contingente di relazione con il mondo. Modernità è affermazione di una coscienza del mondo, di una propria autocomprensione nella relazione tra costituzione di un’immagine del mondo (forme sociali) e risorsa di senso (caratteristica di lunga durata, epocalmente connotata).
    6. La metaforologia6, premessa epistemologica di Blumenberg, è una modalità della Neuzeit, sostitutiva del patrimonio concettuale –semantico della teologia. E’ “struttura genetica”, una categoria dell’esperienza per “tornare alla vita” mai completamente appresa e non cristallizzata in concetti sistematici. La “metafora assoluta”, atto iniziale inconcettuale, traccia una via d’accesso a qualcosa che altrimenti rimarrebbe irrappresentabile, ma che risponde ad un continuo bisogno metafisico, seppur sul piano operativo (a ritroso verso il mondo della vita). Su una tale sostituzione dell’angoscia volta al nulla si basa una nuova condizione di intelligibilità e di vita7. Come il mito, la metafora corrisponde alla necessità umana di un ordine provvisorio, di un rapporto precario con il reale. Entrambi pre-logici, pre-predicativi, capaci di una polisemia, di un senso intuitivo richiamano ciò che non è immediatamente catturabile dal concetto, come il mondo comune insondabile, indicibile della Lebenswelt. Entrambi costituiscono strumenti di appropriazione e selezione di quel mondo, ne proiettano un’immagine. Sottratti ad ogni cristallizzazione sistematica, all’assolutismo della realtà consentono un distanziamento, orientando un comportamento ed esprimendo in rappresentazioni-guida (Leitvorstellung) una pluralità di relazioni/di significati del mondo della vita (stile di vita, certezze, dubbi, aspirazioni di un’epoca). Così dispongono di una struttura non-falsificabile, di un codice ermeneutico indeducibile, sciolto da ogni senso originario. La metafora funziona, non costituisce un fondamento, connette trasversalmente aspetti distanti, è soggetta a continue elaborazioni, a possibilità di trasformazioni, ma è alla base del processo di chiarificazione concettuale, di univocità. “La verità della metafora è una verità a fare”, possiede una dimensione pragmatica della verità. La verità si riduce dunque ad uno schema metaforico che rende un’immagine sensibile un’unità di senso; è una rappresentazione che per la propria forza d’intensità si sovrappone ad altre. I mutamenti di metafore indicano rotture epocali.
7. La razionalizzazione del mondo richiama l’apertura ad un’emozionalità sociale. Così anche la plurivocità mitica fa fronte all’angoscia dell’ignoto, allo spaesamento rispetto alla datità. Il suo continuo processo di rielaborazione opera una sostituzione al caos anonimo e consente un distanziamento dal peso angosciante dell’assolutismo della realtà. Se la natura del mito polisemica e anti-dogmatica, permette la narrazione della precarietà e di una sua significatività, la sua importanza consiste non nella sua origine, quanto nella sua funzione di ricezione. L’elaborazione mitica non avanza alcuna pretesa di verità, mostra una radicale contingenza, ma con il suo politeismo dà luogo ad una “divisione dei poteri”, ad una rioccupazione antropologica che “costituzionalizza l’assoluto” e produce significati adeguati all’esistenza umana, in grado di rendere il mondo una “caverna sicura” rispetto ad uno staus naturalis inconcepibile. Dimenticare l’Urzeit appare indispensabile per creare una distanza necessaria ad vita autonoma. Una tale memoria dell’immemorabile, di un senso inattingibile, rappresenta una tecnica di differimento e una precondizione dell’agire, di una significatività (Sinnfiguren) non limitata da verifiche empiriche, ma basata sulla “ovvietà” di contenuti presenti fin dalle origini. Il mito che dà nomi, storie, figure e significato a ciò che sarebbe inafferrabile svolge la stessa funzione della scienza-tecnica nella Modernità, contribuendo a creare una realtà finita-controllabile in cui sopravvivere.
    8. Di fronte al deficit di verità l’uomo per orientarsi nel mondo necessita della retorica, che influisce sul suo comportamento. Agire infatti è la compensazione dell’indeterminatezza umana. C’è una coazione ad agire; occorrono artifici, rappresentazioni, che rendano accessibile ciò che appare estraneo. Retorica è la trasformazione moderna del mito: alle narrazioni si sostituiscono informazioni, dati, calcolabilità. Se la metafora è comprensione teorica, la retorica è persuasione pratica: una comunanza pragmatica di orizzonti, di convenzioni convincenti e modificabili. Per Blumenberg accanto ad un politeismo, traducibile in una divisione dei poteri, essenziale diventa il ruolo della retorica (politica), della sua credibilità ed efficacia, a prescindere dalla sua veridicità. Questa è una “politologia”, una sorta di “religione civile” dei moderni, adeguata alla democrazia pluralista e immune dall’assolutismo della teologia politica, così da poter produrre nuove creazioni.
      NOTE
    1. H. Blumenberg, La legittimità del Moderno, Genova 1992, p. 51. Il tramonto del pensiero sostanzialista medievale è stato avviato dal nominalismo e dall’apertura ad una pluralità di mondi. L’assunzione dell’insondabilità dell’onnipotenza divina e della conseguente mancanza di una finalità necessaria del mondo hanno posto il problema della sicurezza dell’orizzonte mondano; la contingenza de-creabile ha imposto all’uomo, per garantirsi, un’autolegittimazione, la rioccupazione della natura e il suo dominio tecnico (La legittimità del Moderno, cit., p. 158). Invece per Habermas (Discorso filosofico della modernità) carattere specifico del Moderno è l’autonomia della ragione, quale norma trascendentale della società e facoltà di emancipazione, di libertà individuale, così da stabilire un rapporto globale con l’intera umanità. La Modernità non dipende da un’altra epoca per i suoi criteri d’orientamento, ma possiede una propria normatività.
2. H. Blumenberg, La legittimità del Moderno, cit., p. 75
    3. Lebenswelt per Blumenberg, come per Husserl, significa il contrario del “mondo della scienza obiettiva”, anche se per il primo assume una torsione in senso puramente antropologico, un “non-luogo” iniziale, inattingibile, un terminus a quo
4. Si potrebbe forse sostenere che l’ambito della Lebenswelt corrisponde a quello della relatività, quello trascendente/trascendentale a quello di un’unità relazionale, che consente memoria e astrazione dall’immediatezza.
    5. La tecnica è radicata antropologicamente (La legittimità del Moderno, cit., p.245); la necessità di una “costituzione tecnica del mondo” consente una svolta coscienziale, una Selbstverwirklichung in grado di affrontare la realtà esterna.
6. Metaforologia qui appare affine al decostruttivismo di Derrida.
    7. J. Villwock, Welt und Metapher, in Zeitschrift für philosophische Forschung, 37, 1983, pp. 199-217

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