Materiali di teologia politica dell'Europa e contributi al realismo politico

L'Europa si definisce dall'interno con le grandi correnti che non cessano di attraversarla e che la percorrono da lunghissimi tempi (Lucien Febvre)

Europa o il suo destino. Un Husserl politico?
Ricerche, 31 maggio 2018

Europa o il suo destino. Un Husserl politico?

“Sono convinto che io, il presunto reazionario, sono molto più radicale e molto più rivoluzionario di coloro che oggi si bardano di un radicalismo meramente verbale” Affrontare il problema dirimente di un’antropologia politica significa anche accettare la sfida di un Denkweg, di una sperimentazione del pensiero che tenti di misurarsi e di rielaborare -in una prospettiva teologico politica concetti e orientamenti propri di quell’impostazione fenomenologica che ha condotto Husserl, sempre più esplicitamente, a focalizzarsi sulla crisi dell’̏umanità europea” e di una modernità ormai svuotata di ogni senso -pur sottraendosi a interpretazioni di decadenza coeve da quelle di Simmel e Klages a quelle à la Spengler. “Il maggior pericolo dell’Europa è la stanchezza” , l’abbandono all’“oggettivismo”, l’accettazione della “fatticità” di un mondo cristallizzato e ancorato al “senso comune”. Il “senso d’essere” dell’eone cristiano e l’autocoscienza dell’Europa, razionalizzati storicamente dalle forme istituzionali della Chiesa, dell’Impero e dello Stato, ha subito un annichilimento con la guerra civile internazionale novecentesca . Crisi dell’Europa significa crisi di senso della sua esistenza, ossia della rilevanza politica in un globo che ne ha sradicato le radici. Ciò che è subentrato è stato un progressivo e pervasivo nichilismo politico ed esistenziale. La crisi “delle strutture di senso” di uno spazio di civiltà ha trascinato con sé anche lo stesso statuto antropologico dell’uomo europeo, la cui libertà è sempre stata correlata ad una forma istituzionale. Se la crisi dell’Europa può essere riassunta nello sprofondamento di un ordine di senso, della sua capacità di creare un orizzonte e di esercitare una direzione, è proprio da una tale crisi che può scaturire un’altra forma di pensiero, un altro possibile “orizzonte di senso” . Nell’accesso ad un orizzonte di senso, nella condizione di possibilità dell’agire, è inscritta la destinazione di un mondo. Alla trascendenza di senso, all’apertura alla realtà ha invece corrisposto l’immediatezza della modernità. I “dati di fatto” e la loro Verwissenschaftlichung (scientificizzazione della realtà) hanno espresso il primato di un “oggettivismo” tecnico-scientifico, in cui il pensiero si è ridotto a “mera logica dell’assenza di contraddizioni” . L’assolutizzazione di una tale “fattualità” ha imposto un radicale stravolgimento degli stessi fondamenti costitutivi di quel mondo e ha ridotto la soggettività, che storicamente l’ha incarnato, a “meccanica del possibile” e ad un’operatività funzionale. Un mondo trasformato in mero oggetto a disposizione della volontà di potenza della tecnica si è strutturato attorno ad un cogente normativismo nei diversi “mondi vitali” e si è dimostrato incapace di autodescrizione di una realtà priva di ogni istanza fondativa. L’interesse per le condizioni di possibilità di un “trascendentalismo antropologico” sembra allora imprescindibile. Sottrarsi allo stato di cose presenti nel lessico europeo ha significato l’istituzione di una relazione al Trascendente di “forme di senso intenzionate”, senza cui non pare possibile parlare di alcuna soggettività costitutiva. La posizione di Husserl è quella di una “europäischen Menschen Besinnung”. La stessa Krisis husserliana e i Forschungsmanuskripte che l’hanno preceduta e accompagnata non possono essere semplicemente ricondotti al cliché accademico di un pensiero “puramente filosofico”, ma richiamano con forza una responsabilità pratica epocale, una Kampf um den Sinn des Menschen . Senso è un’̏idea direttrice” della riflessione husserliana. “Essere nel mondo” non riguarda tanto la gnoseologia, quanto la relazione di senso con il tempo che è dato. “Il livello trascendentale è la possibilità che l’uomo proiettato e coinvolto nella mondanità nella quale è esposto al pericolo di disperdersi e annullarsi nella confusione e nell’anonimia, nella indifferenza, ha di recuperarsi e di stabilire (o ristabilire) un rapporto con il mondano tale che non gli sia inibito il potere di conferimento di senso onde la vita del mondo sia per lui significativa e valida e la sua identità non si dissolva e vada perduta.” Ad una presa di posizione che sia un fiat, corrisponde l’istanza di verità-giustizia. “Possiamo noi accettare questo mondo orribile come mondo reale?” Ciò che qui si intende innanzitutto combattere con risolutezza, oltre ad una pretesa di neutralizzazione dell’impostazione fenomenologica, alla sua riduzione a semplice metodologia gnoseologica, è il senso comune espresso dalla doxa degli “uomini di fatto” e dalla pulsione unilaterale per la soddisfazione dei bisogni singoli. Potremmo sostenere che in Husserl l’epistemologia ha un persistente riferimento antropologico-teleologico per riplasmare la relazione con il mondo . Alla critica rivolta contro la potenza dell’oggettivazione tecnico-scientifica corrisponde un attacco sul piano antropologico all’habitus sociale, alla perdita d’intenzionalità quale sinngebend Akt . Sussiste una diversità antropologica tra “io empirico” e “io trascendentale”; un’istanza antropologica qui viene considerata un’elevazione dalla naturalità alla soggettività trascendentale. Alla gabbia dell’“atteggiamento naturalistico” di accettazione del semplice Dasein, della vita subordinata ad un mondo ridotto a “fatti positivi” si oppone un’epoché; alla devozione alla datità una presa di distanza da categorie astratte e un sovvertimento della natürliche Einstellung . La Stellungnahme per l’epoché rappresenta un’istanza di critica radicale all’̏incantesimo dell’ovvio” e “produce un atteggiamento che sta sopra l’essere già-dato della validità del mondo, sopra l’intreccio infinito per cui determinate validità si fondano su altre validità, sopra il flusso molteplice sinteticamente unificato grazie al quale il mondo ha, e continuamente ottiene un contenuto di senso e una validità di essere.” E’ l’apertura ad uno “stile” di esistenza trascendentale non relativizzabile storicisticamente, la cui l’intenzionalità indica non una separazione dal mondo, bensì una “trascendenza della soggettività nell’immanenza” . Una tale intenzionalità si esprime nell’agire in una condizione contraddistinta dall’autonomia di un’esistenzialità impersonale, esito di una logica funzionalistica. “Husserl abbandona l’ente nella modalità dell’essere di ciò che è già noto, familiare, abituale mettendo in discussione l’intero mondo vigente.” La condizione di possibilità trascendentale dell’agire, ciò che è eccedente i dati di fatto, è innanzitutto un presupposto polemico e tale impostazione risulta determinante per l’impostazione husserliana. Viene così scossa la legittimità di un modo di vita scontato, l’indiscutibilità di un mondo e di ogni “certezza data” . Ciò che consegue risponde ad una decisione di fondo. Un atto di discontinuità tuttavia implica un presupposto e la costituzione di un legame; non è un atto innocente, ma possiede proprie radici e proprie aspettative. Trascendentale è una struttura dell’esistenza, l’affermazione di una soggettività fondata sull’originarietà, un’evidenza limitata, ma trascendente il suo stesso limite. “Tutta la vita è una presa di posizione.” Sul terreno della fondazione “non c’è differenza tra teoria e pratica” ; la soggettività è al tempo stesso intenzionale e performativa. La non accettazione ingenua di un in-die Welt-Hineinleben rappresenta un mutamento radicale nel modo di stare al mondo e di agire nella Lebenswelt. Il distacco dall’immediatezza dell’esperienza e l’eccezione alla naturalità viene assunta come originarietà teoretica e necessità di una responsabilità storica. Sfatare il “ritmo naturale della vita” si traduce nel riemergere dell’orizzonte di una lebendige Gegenwart antropologica e di una Lebenswelt a cui rapportarsi. Un’astrazione si ha quando la percezione della condizione concreta (Lebenswelt) viene meno. La forza di una soggettività, la sua legittimità risiede non solo nella coscienza del caso estremo, nell’intensità di un’ostilità, ma nell’essere portatrice di senso, di una forma ordinativa quale “a priori materiale”. Nella crisi, nel conflitto si dischiude il senso e si radica un ethos, mentre con il pacifismo l’ethos si diluisce in etica, nel “dover essere”. L’istanza di una rottura va ben oltre un semplice conflitto di interessi; la motivazione si caratterizza per l’intensità, non per il semplice calcolo. Il senso, come orizzonte teleologico, è accolto, non causato, ha e suscita una motivazione . Se dal punto di vista “oggettivistico” il rapporto al mondo si pone in termini causalistici, dal punto di vista della soggettività, quale centro fungente di atti intenzionali, la relazione è di ordine motivazionale, di Sinngebung, senza cui non sarebbe possibile alcun ancoraggio storico, “un legame di atti” . La forza motivazionale, generata da una decisione di ultima istanza, orienta la volontà d’azione e determina un’evidenza eccedente la datità empirica. Per questo la riduzione alla soggettività intenzionale significa l’assunzione di un centro autonomo costitutivo. La riduzione è un “atto originario” fondato su una presa di posizione, che esprime un’intenzionalità fungente. Non deriva da “una raffinatezza intellettuale”, bensì da un “interesse vitale”; è un Einbruch nell’immediatezza della modernità. Con la riduzione l’uomo “perde quella familiarità che aveva fino ad allora con il mondo e guadagna una nuova dimensione, la dimensione dell’origine” volta al senso. Soggettività e senso si legano in una Selbstverantwortung del proprio mondo . “Trascendentale” indica allora la relazione istitutiva della soggettività con il mondo, il cui Vor-sein è un’unità di senso, un’apoditticità di sintesi continue, che discrimina e stabilisce un legame intenzionale con un proprio orizzonte temporale, con un ambito di “potenzialità delineate”. Una forma racchiude gli atti di una “vita intenzionale” ed è sempre a priori. Solo ciò che è trascendentale consente un nomos di civiltà, una connessione di successive formazioni di senso, una struttura di rimandi fra orizzonti, al contrario del “diluvio scettico” dei multiformi relativismi incapaci di esplicitare alcun senso e cogliere alcun fondamento. Boden e Horizon costituiscono la struttura intrascendibile nel rapporto con il mondo, che pure non è mai un presupposto compiuto. In questa pretesa di unità di ogni formazione è inscritta una struttura teleologica. Il “senso d’essere”, che si rivela e non si crea, viene perseguito in azioni e significati di una storicità non empirica. “Il primo in sé non è il mondo nella sua indubitabile ovvietà…il primo in sé è bensì la soggettività in quanto essa pone ingenuamente l’essere del mondo e poi lo razionalizza”, “nel suo essere-così è il nostro mondo, attinge il suo senso d’essere esclusivamente dalla nostra vita intenzionale.” Il riconoscimento di un a priori costitutivo, l’elaborazione della “struttura essenziale” non rappresenta un insieme di puri elementi senza attributi, inerti, ma diviene arma teorica, indica istituzioni, nemici. Allora la parola d’ordine “ritornare alle cose!” assume il significato di coglierne l’originarietà, e la struttura, far emergere uno “stile” proprio in grado di assicurare una direzione intenzionale ad un orizzonte. Il tempo storico si esplicita nella discontinuità dell’anticipazione teleologica. Questo significa “costituire” una determinazione di senso. Qui il factum intenzionale assume una forza storica. “In principio è l’azione”, la gestaltende Subjektivität è unità fondativa connotata teleologicamente , autorità di chi dà riconoscimento alla verità come evidenza. La collocazione trascendentale determina una dimensione della vita; è una decisione che emerge dalla struttura personale-intersoggettiva. La stessa scelta della “riduzione” più che una introflessione appare la via per un’archeologia in una struttura di rimandi che apre ad una intenzionalità ante-predicativa, ad una vocazione, dove la dimensione trascendentale della soggettività trova proprie forme una giustificazione storica e si apre all’orizzonte intrascendibile della verità. C’è sempre un’anticipazione motivazionale, in cui si manifesta una passività originaria che precede ogni a priori logico-deduttivo. Così se la storia assume uno sfondo di senso che fluisce, l’idea di verità la trascende e trascina a sé la stessa intenzionalità, rendendo possibile l’agire della soggettività nella costante appropriazione di sé e della significatività intersoggettiva del mondo. Tra storia e verità si stabilisce una correlazione, pur in un’irrecuperabile differenza ontologica. Alla mancata corrispondenza tra rappresentazione e verità corrisponde tuttavia un orientamento strutturale ad un telos proprio dell’antropologia trascendentale europea, quale forma ontologica intersoggettiva attraversata dalla “negatività del tempo”, ma non schiacciata in una dimensione empirica . Verità è telos originario, una presenza viva che non redime, ma è costitutiva e, pur apparendo un “ultimo”, tuttavia in se stesso è un primum, “come ciò che costituisce tutto l’essere nella sua totalità concretamente e individualmente, come ciò che in fondo lo rende possibile e perciò realizzabile.” Dunque un telos pre-categoriale, volto ancor più che ad un futuro indefinito ad un’ontologia del “mondo-della-vita”, alla manifestazione temporale del senso primo, dove il trascendentale trova radici. Ed è lo stesso significato di telos quale Ur-form, per nulla neutrale, che imprime una direzione originaria del senso e permette di ridimensionare la centralità della soggettività trascendentale, nello stretto legame tra idea trascendente e teleologia storica. “Si può dire che la teleologia, con la sua attualità originaria, ha il suo fondamento in Dio? Perveniamo alle ultime “questioni di fatto”- alle questioni di fatto originarie, alle ultime necessità, alle necessità originarie.” “Menschesein ist Teleologischen” (almeno per un’antropologia europea). La soggettività trascendentale si fa partecipe di un telos quale forma ontologica nella molteplicità contingente. Il telos è Lebensinn, “forza motivante di tutto lo sviluppo storico” e il “fatto” è indice di una teleologia precedente . Le stesse condizioni di possibilità di una sua manifestazione rinviano ai dati originari della hyle (materia primigenia); senza di essi nessun mondo e nessuna soggettività trascendentale potrebbero sussistere. La penetrazione negli strati profondi hyletici permette un’apertura oltre l’ego, sia in senso ontologico, sia in senso teologico. Il senso possiede una storia. Gli stessi strati originari hyletici richiedono un fondamento, un rimando meta-fisico, da cui trarre una “condivisione profonda della vita”. La dimensione hyletica non è Strukturlosigkeit, bensì possiede una propria intenzionalità intrinseca di costituzione pre-categoriale di un mondo: una Ur-Stiftung . Tale intenzionalità ante-predicativa, latente, quale co-appartenenza intersoggettiva, originaria, predelinea già un’unità di senso. Un Ur-Ich strutturale, pre-empirico, senza una determinazione specifica, si dispiega tramite un’ontologia dell’affezione in un’immanenza temporalizzata . Questo Lebensstrom configura una latente apertura relazionale ed indica altresì quale sia la profondità dello strato teleologico. “L’essere è per principio differente dal percipi” . “La passività è il sé primo”, così l’insieme della soggettività non coincide con un polo già strutturato in Erlebnisse (atti vissuti). “Quando inizio ho già la predatità…Essa è costantemente per me là, da essa provengono continuamente affezioni.” La Urstiftung, l’atto genetico connotato da una “passività originaria”, è qualcosa di diverso da una semplice pulsione, è un “sentire” che possiede una motivazione profonda e apre ad una realtà altra, anticipando ogni atto volontario/riflessivo. In questa sfera primordiale il “sentito”, tuttavia mai pienamente afferrato, rappresenta una sorta di “rivelazione”, più constatata che ricercata. Una Letzbegründung richiede allora una Rűckfrage (“riduzione all’originario”), che permetta di risalire, attraverso una decisione, dal Vor-Ich delle sintesi passive ante-predicative ad una tematizzazione, dal senso originario alla legittimazione razionale di un principio assoluto. L’affezione passiva si pone come vocazione intenzionale, espressione di una motivazione . Il senso è nella relazionalità. L’intenzionalità passiva selbständig, anteriore ad ogni apprensione, permette un’apertura al trascendente declinato teisticamente. In un “presente vivente” pre-costitutivo è radicato ogni atto e una co-originarietà, pur permanendo tale legame di co-presenza ancora allo stato di Urintentionalität . Da questa struttura primaria dell’intersoggettività deriva l’adesione ad una fede e ad un libero atto decisionale. Una relazione motivazionale dà “evidenza” alla verità e chiama ad una Berufung, quale forma aurorale di un legame fiduciario asimmetrico. “Correlato intenzionale” ed evidenza apodittica si richiamano. L’intenzionalità originaria, che reca in sé una sorta di tensione costantemente fungente al trascendimento, si rende manifesta tramite la volontà e i diversi atti si connettono secondo un senso. La sfera motivazionale è tuttavia inscindibile da una corporeità trascendentale, dal “corpo vivo” (Leib), che ne è l’anima, orientato teleologicamente da un’Ur-intentionalität, da una disposizione temporale originaria e non da una Willensintentionalität . L’intenzionalità passiva pre-oggettuale, pre-logica, latente nella soggettività, si esprime come persona quando la sintesi attiva, nella forma di Leiblichkeit comune, si apre, nel proprio limite, al Trascendente. Ogni comunanza di spazio, di Lebensgemeinschaft si radica nell’a priori del Leib e nel riconoscimento di una propria genesi, di una co-esistenza temporale di fronte all’apertura al Trascendente. La tipicità di una struttura corporea (typischen Ähnlichkeit), una Paarung (appaiamento) trascendentale permette di condividere analogicamente la soggettività. Il Leib intenzionato, composto da un’articolazione di strati intersoggettivi costituiti, è sì vocato al trascendente, ma è piantato irrimediabilmente nel Körper, nella carne dell’esistenza, in un intreccio spaziotemporale. “L’intera coscienza di un uomo è in un certo modo legata al suo corpo proprio attraverso la sua base hyletica”, che ne delimita possibilità e limiti. Il Körper, da cui è possibile intuire una “filiazione di senso”, rimane il necessario strato passivo-associativo di ogni relazione intersoggettiva. La dimensione di un’apertura ad un trascendente personale precede il processo di coscienza, determina un senso e sta alla base di ogni rapporto istitutivo, di un orizzonte di civiltà. Si ha fede partendo dal proprio corpo e ci si riconosce tramite una fleischähnliche Körplichkeit con la stessa posizione nello spazio e nel tempo, pur necessitando di una ratio, di una motivazione consapevole espressa da un senso in forma concettuale e storica. Nella carne è sedimentata la volontà, lo spirito, ed è da qui che prende consistenza il Leib intersoggettivo decisivo per l’attualizzazione di un atto di fede. Assumere e dare senso significa essere partecipi di una relazione che, per aver forza costituente, necessita di un atto assoluto. La soggettività trascendentale appare allora più ampia dell’io trascendentale. Se una tale soggettività, come struttura attiva degli atti vissuti, non può sussistere senza un Leib trascendentale, una motivazione di fede rimemora e orienta gli stessi atti vissuti stratificati temporalmente. La genesi dell’intenzionalità è intrecciata all’orizzonte temporale attraverso continue sintesi associative. L’Ursprung della temporalità determina “il ridestamento del senso sedimentato”, rendendolo “affettivo” e associandolo all’intenzionalità presente, il cui senso “si riferisce principalmente alla prassi” . L’Urform temporale, presupposto di ogni sintesi, si manifesta nella soggettività vivente, nella forma del tempo del mondo. All’unità di senso del mondo, quale sedimentierte Geschichte di intenzionalità costituite, corrisponde la temporalità e-statica della soggettività, in cui nel Vor-gang (trapasso) del passato è compreso la sintesi continua dell’orizzonte del non-ancora; ogni atto implica orizzonti in divenire. “Così l’io attuale è se stesso in quanto si plasma e in quanto porta in sé il suo trascorso essersi plasmato.” Ogni “rimemorazione” (Wiedererinnerung), ogni riconoscimento della propria originarietà è intrinsecamente associata ad un’intenzione futura (Vorerinnerung). Il senso del futuro-passato si ripresentifica selettivamente nella lebendige Gegenwart, nell’evidenza di un fluire originario, in un’unità costitutiva dell’agire storico, in cui rimane viva e presente l’̏originarietà fondante” . L’intenzionalità alla verità non può però ridursi ad una semplice assunzione dogmatica, né ad una artificiale costruzione epistemologica neoanalitica, bensì è frutto di una decisione per un legame di carattere personale. Di per sé l’intersoggettività è animata da un telos, è predisposta alla relazione ad un fondamentum inconcussum. L’intuizione è sempre correlata con l’intenzionalità, il cui fulcro è una tensione irriducibile all’Altro in quanto tale; “il limite assoluto, il polo che trascende qualsiasi finitezza, al quale è rivolta ogni autentica aspirazione è l’idea di Dio”. Secondo Strasser, Husserl ha di Dio una concezione teistica in senso teoretico e pratico: trascendente, in quanto fondamento e orizzonte teleologico, non solo nei confronti del mondo, ma anche della “coscienza assoluta”. Il nodo centrale di un tale rapporto non è allora rappresentato da alcuna prova ontologica, bensì dall’accertamento del significato dell’essere originario . Dio lascia una traccia. “Presenza ed eccedenza” divina. L’elemento dell’eccedenza connota un’“evidenza” originaria mai identificante, ma determinante. L’ontologia della verità, attraverso una relazione personale, è “presentificata”, è “resa evidente” pur nella sua irriducibilità e irresolubilità. La sua “presenza” veritativa consiste in una trascendenza ontologica relazionale. Nello scarto tra il Trascendente e la ratio, quale autocomprensione della soggettività, si pone la fede, atto relazionale di “rischiaramento” di un Zwecksinn. Se la fede alimenta il pensiero, nella decisione viene assunto il fondamento motivazionale del volere. La ricezione dell’̏affezione” della fede desta la Berufung, voca ad essere persona e predelinea la necessità di una decisione, di un affidamento ad una chiamata. Una tale presa di posizione della soggettività trascendentale esclude altre possibilità; è una vera e propria “consacrazione”. L’accettazione di un berufen sein giustifica e dà fungibilità ad una ratio, che si traduce nel “riempimento” di una formazione storica, dell’ethos di una “presenza vivente” nel tempo . E’ un riconoscimento in einem Schlage (di colpo). La risposta motivazionale ad una Berufsleben costituisce un’assunzione di responsabilità. La relazione all’Altro, sovradeterminata alla semplice soggettività, determina uno “stile”, la pratica di senso di un’intersoggettività concreta, al di fuori di ogni esistenzialismo; “afferra” la presenza costante della figura del nemico e la costituzione di un mondo, di un “orizzonte degli orizzonti”, che rimane comunque sempre problematico, caratterizzato com’è dalla presenza di continue connessioni tra ritenzioni e protezioni. L’Extremfall di una coscienza, posta di fronte al nichilismo occidentale, apre l’orizzonte ad un’intensità di fede e di azione, in cui orientamento esistenziale e autocomprensione intersoggettiva si richiamano vicendevolmente. Si dà cioè una sintesi tra motivazione e condizioni di possibilità, tra un “atto fungente” e la costituzione di un proprio mondo. Nell’affidarsi alla fede, oltre al riconoscimento di sé quale soggetto di una relazione costitutiva, si stabilisce un’analogia strutturale tra persona e imago Dei (e questo significa già un’assunzione di responsabilità e autorità). Lo stesso carattere dell’analogia, vero e proprio elemento trascendentale di una teologia politica, fa sì che si configuri in modo originario il riconoscimento di un meta fenomeno, di cui non è possibile pensare il maggiore, tanto nell’intelletto quanto nella realtà. E’ la “pienezza dell’Essere” che chiama all’essere per partecipazione e non per inferenza logica; di qui scaturisce una filiazione di senso secondo l’ordine della “ similitudo et maior dissimilitudo” . L’assunto trascendentale è sottratto ad ogni formalismo e si ha un “riempimento”; si determina un’analogia di relazione tra la “struttura intradivina” e quella istituzionale mondana. La persona assume allora un primo senso tramite la fede nel trascendente, un secondo nella reciprocità con il proprio mondo. La relazione alla volontà assoluta è determinante per una forma intersoggettiva. “La volontà assoluta universale che vive in tutte le soggettività trascendentali e che rende possibile l’essere individuale-concreto della soggettività totale trascendentale, è la volontà divina, la quale presuppone però tutta l’intersoggettività non nel senso che quest’ultima preceda la prima e sia possibile senza di essa (e neppure nel senso in cui l’anima presuppone il corpo) ma come strati strutturali senza i quali questa volontà non può essere concreta.” La relazione analogica, “fatticità originaria” di una “presentificazione temporale del “senso d’essere”, sta a fondamento della trascendentalità del rapporto costitutivo di una storicità che porta in sé un senso teleologico, un’adeguazione alla verità. Stabilendosi una relazione analogica di trascendenza personale-istituzionale nei riguardi della naturalità immediata, si costituisce intersoggettivamente un proprio mondo. Alla strategia della “riduzione” si può allora anche dare una lettura politica, ma la forza storica di una forma istituzionale, di una “trascendenza nell’immanenza” si fonda solo sulla apertura ad un Trascendente personale. La fede dà unità di senso, è una “fede istituzionale” che si radica in un’ontologia personale di amicizia.
tag:

Copyright | Privacy | Credits